martedì 1 marzo 2016

XVII centenario di San Martino - doppio giubileo in Ungheria

Mons. András Veres, Vescovo di Szombathely, Presidente della Conferenza Episcopale Ungherese presenta il doppio giubileo celebrato quest'anno in Ungheria, in occasione del XVII centenario della nascita di San Martino, avvenuto nel 316 a Sabaria, l'odierna Szombathely.
(Versione completa dell'articolo apparso su L'Osservatore Romano del 2 marzo 2016.)
 

Doppio giubileo della Misericordia e di San Martino
di Mons. András Veres, vescovo di Szombathely

Per una felice coincidenza il 2016 è segnato da due giubilei in Ungheria: l’Anno Santo straordinario della Misericordia, indetto da Papa Francesco, e il XVII centenario della nascita di San Martino. Fu, infatti, sul territorio dell’odierna Ungheria che nel 316 nacque Martino, uno dei santi più conosciuti al mondo grazie anche alla ben nota immagine della condivisione del proprio mantello con il povero mendicante.
Se è ritenuto il santo per eccellenza della condivisione e della carità, e vestire gli ignudi è proprio una delle opere di misericordia corporali, Martino si distinse anche nelle opere spirituali della misericordia che lo rendono un santo attualissimo per il Giubileo. Alcune di queste opere lo legano in modo eminente alla sua terra natale, la Pannonia.
Il simbolo più eloquente di questa felice coincidenza dei due giubilei è il nuovo portone di bronzo della Cattedrale di Szombathely, realizzato per l’anniversario e subito inaugurato come Porta Santa del Giubileo per la Diocesi. Le sei formelle che lo ornano, opera dell’artista Gábor Veres, ci presentano sei episodi significativi della vita di San Martino.
Portone della Cattedrale di Szombathely con scene della vita di San Martino
(di Gábor Veres - foto: Diocesi di Szombathely)


La prima formella, in alto a sinistra, raffigura la nascita del Santo, nel 316, che era “originario di Sabaria, città della Pannonia” (v. Sulpicio Severo, Vita di San Martino, Cap. II.). L’allora capoluogo dell’amministrazione civile della provincia di Pannonia Prima è l’odierna Szombathely, nell’Ungheria occidentale, sede vescovile dal 1777. È l’unica città in tutta l’Ungheria, dove la fede cristiana è rimasta presente in modo ininterrotto sin dagli inizi, quindi da oltre XVII secoli. Ciò è dovuto in gran parte proprio a San Martino. Infatti, il luogo della nascita del Santo, immortalato da Sulpicio Severo, non fu dimenticato dai cristiani neanche nei secoli bui delle invasioni ed è stato riaffermato da Carlo Magno il quale, nel 791, la volle visitare proprio in omaggio al santo patrono dei re franchi.
Martino ben presto si trasferì a Pavia, assieme alla famiglia e, successivamente, svolse il suo servizio militare nella Gallia. La formella al centro, sulla destra del portone, richiama la nota scena di Amiens, quando “afferrata la spada che portava alla cintura, tagliò il mantello a metà, ne diede una parte al povero” (Vita di San Martino, Cap. III) che aveva visto nudo alle porte della città in pieno inverno.
Dopo il congedo dalle armi Martino “nel sonno fu avvertito che doveva, con religiosa premura, visitare la sua terra natale ed i suoi genitori, ancora irretiti nel paganesimo” (Vita di San Martino, Cap. V), che vissero “in pensione” nella loro città di origine, Sabaria. L’operato di Martino in patria venne coronato da parziali successi, in quanto “riuscì a liberare la madre dall'errore del paganesimo, il padre invece continuò a perseverare nel male: grazie al suo esempio, tuttavia, Martino riuscì a salvare numerose persone” (Vita di San Martino, Cap. VI). La scena al centro, sulla sinistra del portone rievoca la tradizione secondo la quale Martino battezzò sua madre con l’acqua del pozzo che si trova davanti all’odierna chiesa di San Martino a Szombathely. La chiesa, di cui si hanno notizie certe sin dal IX secolo, fu eretta sulla supposta casa paterna di Martino. E i reperti archeologici confermano la presenza cristiana sul luogo all’epoca di Martino.
Sebbene Martino fosse considerato il primo santo non martire, anche lui dovette testimoniare con il sangue la sua fedeltà alla fede. L’arianesimo alla metà del IV secolo fu molto forte in Pannonia (che apparteneva all’Illirico in senso lato). Martino però combatté risolutamente “quasi da solo contro la fede sospetta dei vescovi” di quella provincia e venne per questo „frustato pubblicamente ed infine costretto ad abbandonare la città” (Vita di San Martino, Cap VI). L’esilio del Santo è rievocato dalla formella in basso a sinistra della nuova porta per ricordarci le opere spirituali della misericordia: insegnare gli ignoranti alla vera fede, ammonire i peccatori, perdonare le offese.
La scena in basso a destra rievoca, invece, la messa celebrata dal Santo, secondo la tradizione ad Albenga, quando, avendo regalato la propria tunica ad un povero, a coprirgli le braccia rimaste nude durante la celebrazione sono intervenuti gli angeli (cfr. Jacopo da Varazze, Legenda Aurea, 161). Infine, la scena in alto a destra, presenta la morte di San Martino, “steso su quel suo nobile giaciglio, cioè sulla cenere su una coperta” (Sulpicio Severo, Terza lettera. Alla suocera Bassula: la morte e le esequie di Martino, 14).
Il primo re d’Ungheria, Santo Stefano scelse anch’egli come primo patrono del suo regno il Santo soldato originario della Pannonia. Attribuì, infatti, alla protezione di lui la vittoria che consolidò il suo potere e, con esso, l’avvenire del cristianesimo in Ungheria. Sciogliendo il voto fatto al Santo, re Stefano concesse notevoli possedimenti e privilegi al monastero dei benedettini, dedicato proprio a San Martino, fondato sul Monte Sacro della Pannonia, chiamato oggi Pannonhalma.
La Diocesi di Szombathely e l’Arciabbazia di San Martino di Pannonhalma promuovono diverse iniziative spirituali, culturali e caritatevoli per il doppio anno giubilare. Tra di essi sono da segnalare il pellegrinaggio della reliquia del Santo nelle diocesi di Szombathely e di Pannonhalma, la celebrazione giubilare del 9-10 luglio 2016 a Szombathely, le Giornate Sociali Cattoliche a Budapest e la mostra “San Martino e la Pannonia”, da allestirsi tra Szombathely e Pannonhalma sulla storia, la cultura e l’arte delle comunità cristiane dell’antica Pannonia.
La Conferenza Episcopale Ungherese ha indetto l’Anno di San Martino e, nella lettera pastorale pubblicata il 1° novembre 2015, ha ricordato il Santo come “immagine del Cristo che vive nella storia, esempio di come il Vangelo sia da realizzarsi nella propria epoca”. San Martino, prosegue la lettera pastorale, “combatté per la libertà della Chiesa e per la purezza del magistero, visse la povertà anche da vescovo, però si impegnò risolutamente per la difesa della vera fede e della sua Chiesa, se necessario anche nei confronti dei confratelli vescovi e dei responsabili della politica. (…) In vista delle difficoltà sociali di oggi possiamo presentarlo a molti come esempio dell’amore per il prossimo ed il fautore efficace della pace. Il suo esempio di vita attira anche i non credenti. Se per fronteggiare la povertà a livello mondiale è necessario un complesso piano economico, è altresì evidente che ci sia tanto bisogno anche della beneficenza individuale, della carità personale, delle opere di misericordia corporale e spirituale. Seguendo l’esempio di Martino saremo in comunione con quanti sono nel bisogno, da qualsiasi parte arrivino, e saremo in comunione con quanti li aiutano secondo le loro possibilità, indipendentemente dalle proprie convinzioni e dei propri valori.”
Con un gesto importante, segno dell’apprezzamento dei valori che abbiamo ereditato in S. Martino e la cura dei quali è nostro dovere comune, il Governo ungherese ha voluto ufficializzare l’Anno di San Martino, stanziando notevoli finanziamenti per i programmi giubilari e per il restauro delle chiese intitolate al Santo dappertutto nel Paese. La stessa chiesa, sorta sul luogo della nascita del Santo a Szombathely, è stata restaurata per il giubileo e riconsacrata nel novembre scorso.
Il messaggio sempre attuale di Martino è la sensibilità e l’attenzione nei confronti del prossimo che si rende concreto tanto nell’aiuto materiale, quanto nell’approccio spirituale che la nostra Diocesi ha voluto fare suo, scegliendo “carità esaltante” come motto dell’anno giubilare. Condividendo, infatti, il suo mantello con il povero, San Martino l’ha anche innalzato, esaltato attraverso la carità: è questo l’aiuto di cui oggi c’è tanto bisogno.

 
Articolo su L'Osservatore Romano

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