mercoledì 23 marzo 2016

“L’Europa non è solamente un grande supermercato” – intervista dell'Ambasciatore a Radici Cristiane

 È uscita sull’ultimo numero di Radici Cristiane (N. 113 – aprile 2016), la seguente intervista con l’Ambasciatore d’Ungheria Eduard Habsburg-Lothringen, che pubblichiamo su gentile concessione della rivista.
(Da notare, inoltre, nello stesso numero di Radici Cristiane un'articolo interessante sulla rivoluzione del 1956 ed il ruolo del Card. Mindszenty: "Solo la Chiesa con la gente".)
 

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Un Asburgo in Vaticano
 
L’Europa non è solamente un grande supermercato, l’Europa indica una fede condivisa e valori comuni. A ricordarlo, è Eduard Habsburg-Lothringen, ambasciatore d’Ungheria presso la Santa Sede, osservatorio privilegiato per analizzare le dinamiche in essere. Ma  sulle maggiori urgenze – famiglia, immigrazione,… – si elaborano strategie condivise o tutto potrebbe “saltare”…  (a cura di Maddalena della Somaglia)
 
Ha presentato le sue Lettere credenziali a papa Francesco durante l’udienza dello scorso 7 dicembre: da quel momento Eduard Habsburg-Lothringen è divenuto ufficialmente l’ambasciatore di Ungheria presso la Santa Sede.
Nato a Monaco di Baviera, in Germania, 49 anni fa, è sposato e padre di sei figli: nella migliore tradizione del Casato, la sua è una famiglia numerosa. Laureatosi in Filosofia presso l’Università Cattolica di Eichstatt con una tesi su “La fine del neotomismo”, ha conseguito un Master ed Dottorato nella stessa materia presso l’Università “St. Thomas and Albert the Great”. Conosce il tedesco, l’italiano, l’inglese, il francese, l’ungherese, il latino e lo spagnolo.
È da sempre attivissimo nel campo della comunicazione sia come produttore di cartoni animati, sia come sceneggiatore per l’emittente Zdf e come attore e scrittore nella serie Wo Grafen schlafen (“Dove dormono i Conti”), ma anche come portavoce del Vescovo di St. Pölten e responsabile delle comunicazioni per la sua Famiglia.
Ed ora questo nuovo, prestigioso incarico…
 

Un Asburgo ambasciatore d’Ungheria: è quanto mai significativo…
Per me rappresenta un “punto di partenza” per tanti motivi. Appartenendo al ramo ungherese della Famiglia, mi sento in dovere di fare anch’io la mia parte, come i miei antenati, come l’Arciduca Giuseppe Antonio Giovanni Battista ad esempio, il Palatino d’Ungheria dal 1795 al 1847. Il fatto poi che la sorella di mia moglie sia la sposa dell'ambasciatore d' Austria presso la Santa Sede unisce felicemente tra loro i due grandi Paesi della Corona. Del resto, a caratterizzare la Famiglia Asburgo e l'Ungheria è la fede cristiana: rappresentare pertanto un Paese cristiano presso il Papa è un’esperienza bellissima.
 
Le radici spirituali, culturali e storiche dell'Ungheria sono cristiane: perché c'è chi finge di dimenticare o di ignorarle?
Viviamo in un tempo in cui è diventato “di moda” cancellare la presenza della religione dalla vita di tutti i giorni e relegarla nella sfera del privato. Mi pare che l’ipotesi della "libertà religiosa" sia sempre più divenuta in molti Stati una libertà dalla religione. Nell’Unione europea c’è chi comincia a chiedersi se non sia stato un errore ammettere quei “Paesi dell'Est, i cui valori non sono quelli dell’Europa di oggi”, come ha scritto un commentatore tedesco: ritengo che, al contrario, proprio “quei Paesi”, come l'Ungheria, con la fede cristiana ancora vissuta nel quotidiano, rappresentino valori che, per secoli, sono stati e sono ancora quelli dell'Europa, sebbene qua e là qualcuno stia cercando di farli sparire.
Qualcuno forse non sa reagire con la dovuta forza, laddove vengano lamentati problemi "con la religione" o coi cittadini di confessioni non cristiane: entriamo qui nell’ambito dell’integrazione. Mi pare che sia un problema gravissimo il fatto che, in tanti Stati europei, da un paio di generazioni non si riesca, ad esempio, ad integrare i cittadini musulmani. È necessario dare con urgenza una nuova svolta a tutto questo: la Santa Sede rappresenta un contesto eccezionale in tal senso.
L’Ungheria è ancora oggi un Paese profondamente cristiano, con una concezione tradizionale della famiglia, della Patria e della società. Ma, va detto, colpisce notare come, nell’Europa d’oggi, tante realtà del cosiddetto ex-blocco orientale condividano su tali punti le stesse idee.
 
Lei conosce bene il pensiero e l’opera di S. Tommaso, ha scritto anche la sua tesi sul tomismo, nonché diversi articoli, anche per L'Osservatore Romano. Eppure, in alcune facoltà teologiche si ritiene il tomismo un capitolo “chiuso” da tempo...
La mia tesi, propriamente, trattava della scomparsa del tomismo… Esso fu introdotto da Leone XIII nel 1879 nella Chiesa Cattolica. Ogni sacerdote doveva studiare filosofia tomistica per due anni, spesso interamente in latino, prima di affrontare teologia. A metà del secolo XX, più specificamente tra il Concilio ed il '68, il tomismo sparì dai curricula universitari ed ecclesiastici, vi furono ambiti in cui S. Tommaso fu addirittura proibito. Le ragioni sono complesse, spesso si sentiva dire che la filosofia trascendente del Medioevo non sarebbe potuta essere all'altezza del secolo delle bombe atomiche. Ritengo che non sia così, ritengo che proprio lo studiare e l’utilizzare un sistema filosofico, ricco e brilliante, come quello tomistico formi la mente ad affrontare tutti i problemi contemporanei. Una filosofia buona non scompare mai, prima o poi è destinata a tornare e con vigore. Come già vediamo nel caso di San Tommaso…
 
Lei è un discendente della Famiglia, che resse per secoli il Sacro Romano Impero: come vive un'eredità così importante?
Essere un Asburgo porta con sé un certo sistema di Valori: la fede, la famiglia quale radice della società, soprattutto una tradizione di convivenza tra popoli. È questo che il Sacro Romano Impero prima e l’Impero austroungarico poi hanno tentato di fare. Non vi sono alternative ad un modello di Europa fondato su di una serena coesistenza tra persone di lingue, valori e fedi, il nostro Continente non è unicamente un grande supermercato.
 
La famiglia oggi è sotto attacco. Come contrastare chi vi si oppone?
Vengono posti in essere tanti tentativi per ridefinire la famiglia col pretesto di “correggere” ipotetiche ingiustizie e presunte discriminazioni. Se c’e qualcosa che, dopo vent’anni di matrimonio, ho imparato dai miei sei figli è questo: che i bambini hanno bisogno, anzi hanno un diritto ad avere un padre ed una madre e che questi siano i loro genitori. La gioventù è, oggi più che mai, esposta a pressioni e paure. Senza le colonne sicure, rappresentate da papà e mamma, diventa difficilissimo far crescere i piccoli in modo sano e buono. Vi sono situazioni dolorose, in cui naturalmente ciò non è possibile ed in cui è un solo genitore a doversi prendere cura dei figli. Ma che lo Stato accetti, anzi legalizzi il fatto di farli crescere con due “padri” o due “madri” rappresenta un grave errore.
Con ragione il governo ungherese, nella sua Legge Fondamentale del 2011, ha definito il matrimonio un’unione libera tra un uomo ed una donna: eppure è stato prevedibilmente criticato per voler codificare queste idee tradizionali di famiglia.
 
Parliamo di immigrazione: l'Ungheria è stata molto criticata dall’Ue per il modo in cui ha gestito tale fenomeno. Perché?
Ritengo che una “soluzione” della crisi migratoria necessiti di una strategia comune tra tutti i Paesi europei. Mi trovavo a Budapest, ricordo, quando vidi le immagini delle prime centinaia di migranti in cammino in autostrada verso l’Austria. Facevano parte di quelle migliaia, che attendevano da settimane nella stazione di Keleti, a Budapest, ormai impazienti e decisi a partire. Intuii come lì stesse cominciando un dramma, destinato a cambiare tutto.
L’Ungheria ha solo fatto il proprio dovere come Paese di frontiera di Schengen: ogni giorno circa 10.000 migranti entravano per dirigersi in Germania. Era praticamente impossibile controllarli tutti ed applicare le procedure previste. Per questo venne costruito un recinto, che ciascuno poteva attraversare, a patto che seguisse le regole previste per la richiesta d’asilo. La sola presenza di quella “barriera” diminuì ogni giorno il numero dei profughi da 10.000 a trenta, massimo quaranta.
Dobbiamo essere chiari: la zona Schengen, il libero passaggio in Europa sta per crollare, se l’Unione europea non trova al più presto una risposta adeguata alla crisi. Per il momento non la vedo. Ma credo nel progetto Europa. Troveremo soluzioni.
 
Radici Cristiane, N. 113 - Aprile 2016
 

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